Valter Valentino
Valter Valentino, milanese, è un giovane pittore che frequenta i corsi di pittura all’Accademia di Brera. Il discorso poetico e la gamma cromatica della sua tavolozza lo sentono idealmente vicino all’opera dei grandi pittori di tensione come Turner e Monet e la pratica lo vede prediligere la tecnica dell’acquerello.
I suoi fogli non sono certo acquerelli di tradizione, bensì opere complesse, ottenute dopo una lunga sequenza di operazioni che lo vedono “torturare” la carta, ricoprendola prima con sostanze inibenti l’assorbimento del colore e, quindi, con l’intervento di violenti stracci, ferirla con spelature, strappi e quindi, con successive aggiunte di colori, ancora cancellature e sovrapposizioni, in una sorta di programmato caos.
Tutto ciò impone al colore di penetrare in tutte le fibre della carta per la preparazione di un fondo sfondo; poi, in un momento successivo e per aggiunta di velature, i particolari.
Insomma, quello che ne risulta è una carta che, dopo aver raccolto nei propri alveoli qualsiasi passaggio, tensione, sorta di colore o umore che, tramite l’acqua, abbia bagnato il foglio, restituisce un’immagine molto affascinante e carica di emotività.
Ma, se le lunghe pennellate di acquerello, d’acrilico o di gomma liquida che attraversano il foglio in tutte le sue dimensioni, se queste linee con gli effetti di dripping e gli strappi appartengono più al mondo dell’astrazione e della contemporaneità piuttosto che a quello della figurazione, ci si aspetterebbe un quadro astratto, ed invece, ad un’attenta osservazione, proprio dall’insieme delle linee, delle sbavature, dal colore sfumato, emerge piano piano un paesaggio, un porto di mare, con barche, gru e macchinari che palesano anche il lavoro dell’uomo, un paesaggio, dicevamo, steso in un orizzonte fumoso di nebbia.
Ed in ogni quadro Valentino ritrae il mare, ed in ogni quadro ritrae il porto, ed in ogni porto… è un miraggio.
Credo che oggi Valentino riesca a definire veramente, con l’alchimia della sua pittura, quegli strati di atmosfera di densità diversa e a dipingere gli oggetti che modificano le loro linee di margine proprio come se fossero dei miraggi, sorte di fatamorgana.
Questo di Valentino è in realtà una sintesi di paesaggio, piuttosto una visione assoluta della realtà, un’intuizione …, già definita come final eye, che va intesa come il tentativo di cogliere la massima sintesi, la migliore elaborazione, il risultato finale per eccellenza!
Testo di Maria Gabriella Savoia